75 anni di autonomia speciale: è ora di ripensare l’articolo 116 della Costituzione
Il 1° gennaio 1948 entrava ufficialmente in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana, ponendo le basi della nostra democrazia e delineando i principi fondanti dello Stato. Tra gli articoli più significativi per la struttura amministrativa del Paese vi è l’articolo 116, che riconosce forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto speciale, tra cui il Trentino-Alto Adige, assieme a Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia.
Questa norma prevedeva che, tramite uno statuto speciale approvato con legge costituzionale, determinate regioni potessero godere di un assetto istituzionale, economico e fiscale diverso rispetto alle altre regioni ordinarie. Una scelta nata da esigenze storiche, culturali e geografiche ben precise all’indomani della Seconda guerra mondiale.
Un gesto che fa riflettere
A farmi riflettere ulteriormente sull’attualità e sull’equità di questa autonomia speciale è stato il recente filmato che ritrae la neo sindaca di Merano, Katharina Zeller, durante la cerimonia di insediamento. Un momento istituzionale che ha suscitato clamore e polemiche: la sindaca ha rifiutato di indossare la fascia tricolore, simbolo dell’unità nazionale e dell’appartenenza alla Repubblica Italiana.
Un gesto che, al di là delle intenzioni personali, colpisce profondamente per il suo valore simbolico, specie se arriva da un rappresentante istituzionale che esercita il proprio mandato all’interno di una Repubblica fondata sull’uguaglianza dei cittadini e sulla solidarietà tra territori.
Una disparità che pesa
Oggi, a 75 anni di distanza dall’entrata in vigore della Costituzione, il contesto storico, sociale ed economico è radicalmente cambiato. L’autonomia speciale, che doveva essere un’eccezione temporanea o comunque mirata, è diventata un privilegio strutturale che crea forti squilibri. A farne le spese sono soprattutto i territori confinanti con queste regioni speciali, come la Provincia di Belluno, stretta tra Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.
Belluno, pur condividendo con le regioni autonome una realtà montana fatta di sfide logistiche, demografiche e infrastrutturali, non beneficia degli stessi strumenti di intervento. Le differenze fiscali sono eclatanti: dai contributi per le imprese locali agli sgravi per i residenti, passando per una maggiore capacità di spesa pubblica, le regioni autonome possono operare con una flessibilità che Belluno — e molte altre province italiane — non si possono permettere.
Fiscalità di vantaggio? Solo per alcuni
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: fuga di imprese, invecchiamento della popolazione, difficoltà a garantire servizi di base, mentre i territori a statuto speciale attraggono investimenti e risorse anche grazie a una fiscalità agevolata e a una maggiore capacità decisionale. Questo distorce il mercato interno, mina la coesione territoriale e crea cittadini di “serie A” e di “serie B” all’interno della stessa Repubblica.
È tempo di abrogare l’articolo 116
Dopo tre quarti di secolo, è giunto il momento di aprire un dibattito serio e coraggioso sull’effettiva equità del sistema regionale italiano. L’articolo 116, così come oggi è concepito, non è più sostenibile: se l’autonomia deve essere uno strumento per garantire sviluppo e qualità della vita, allora deve esserlo per tutti, non solo per chi ha avuto la fortuna di rientrare in un disegno costituzionale ormai superato.
Il gesto della sindaca Zeller può sembrare isolato, ma è il sintomo di una distanza crescente, culturale e istituzionale, tra alcune regioni e il resto del Paese. È tempo di abrogare o riformare profondamente l’articolo 116, per restituire equilibrio, giustizia fiscale e dignità amministrativa a province come Belluno.
L’Italia può restare unita solo se tutti i suoi territori vengono messi sullo stesso piano, con pari diritti, pari strumenti e pari opportunità.